lo Spettacolo, la Nostra Terra e il Nostro Medioevo
Appena guardo fuori vedo colline, sopra ogni collina c’è un Paese, un borgo, un gruppo di case attaccate l’una all’altra con strette strade non certo adeguate al traffico moderno, mattoni su mattoni formano un cappello alla collina sulla cui sommità sempre si erge un campanile e tanto più è svettante tanto più i paesani ne sono fieri e tanto più sono rivali dei confinanti.
Il tutto è racchiuso da mura alte e spesse con poche porte per preservare la propria identità; il nostro dialetto cambia così da luogo a luogo, e da poche sillabe riconosciamo coloro che una manciata di chilometri basta a rendere stranieri.
Qui rimangono intatte le storie, si tramandano immutate le leggende, e anche solo involontariamente condizionano i nostri pensieri, come se entrassero sotto la nostra pelle; e dalla pelle a volte si liberano ed emergono come dei sogni o come dei pensieri informi.
Quando penso ad uno spettacolo, quasi mai ho le idee chiare, nella maggior parte dei casi vedo delle immagini delle scene che si formano come ombre davanti la mia fronte.
Tutto questo avviene di solito quando sono immerso nell’acqua, come se quel liquido vitale si facesse veicolo magico, ponte, verso il pianeta dell’irreale abitato da quelle ombre che pian piano prendono vita, si impossessano prepotenti della mia fantasia, la rendono libera dai bavagli e dal cordame del quotidiano, la slegano da realtà noiose e preoccupanti e quando essa finalmente spogliata ne diventa complice le gettano addosso il colore, mani su mani di vernici brillanti, cascate di scintille, fiamme ardenti: ed ecco arrivare orde di cavalieri eleganti donzelle, animali improbabili; or la scena è pronta e viene verso di voi vi cerca perché e di voi che ha bisogno, irrinunciabili compagni di un viaggio che non ha fine.
Pubblicato il luglio 31, 2013, in teatro con tag spettacolo trampoli colline paesaggio. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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